Nessuno stupore che il Presidente della Comunità autonoma di Valencia, Carlos Mazòn, cerchi di bloccare le carovane di giovani e di persone solidali che accorrono nelle zone colpite dall’alluvione per portare il loro aiuto – acqua, viveri, abiti asciutti, coperte, medicamenti – e per spalare il fango, liberare chi ne è rimasto imprigionato, salvare ciò che ancora può essere salvato. …
Leggi l'articolo completo »L’automotive è in crisi: non vende abbastanza. Perché l’auto elettrica è ancora cara e poco pratica? O perché quella termica potrebbe non essere più vendibile o utilizzabile a breve? Il passaggio dell’auto dal termico all’elettrico sembra a molti il principale indicatore dello “stato dell’arte” nella transizione energetica, se non addirittura della conversione ecologica. La ragione è chiara: l’auto costituisce una componente basilare della quotidianità sia quando la usiamo che quando ne siamo assediati. Questa focalizzazione sull’auto alimenta, sia tra i favorevoli che tra i contrari alla transizione, l’illusione che la vita quotidiana possa comunque continuare così com’è e offusca la necessità di ridurre comunque utilizzo e devastazione di quelle risorse il cui uso già oggi eccede le capacità di carico della Terra. Però se la strada della conversione ecologica verrà imboccata sul serio (ora non lo è) la nostra vita quotidiana cambierà profondamente; ma ben più malamente, fino all’estinzione del genere umano, se non verrà affrontata per tempo. Comunque, anche limitandoli all’automotive, dibattito e conflitti connessi sono comunque fuori quadro; per molti motivi.
L’equità, pilastro del pensiero ecologico. Circola oggi nel mondo circa un miliardo e mezzo di auto. Per raggiungere, al 2050, o anche qualche decennio dopo, il tasso di motorizzazione europeo (quello italiano è più alto) le auto in circolazione dovrebbero essere 5 miliardi. Ci saranno le risorse per fabbricarle e alimentarle tutte? O lo spazio per farle circolare? O è un consumo riservato per sempre ai popoli privilegiati? Oggi noi; ma domani? Chissà…
Le terre rare. L’auto elettrica è in competizione per l’impiego di molti materiali preziosi e rari con gli impianti di generazione da fonti rinnovabili: la sua produzione in massa non può che ostacolare o ritardare la transizione energetica, che è una assoluta priorità.
L’inquinamento. E’ ormai noto che il particolato deriva soprattutto, oltre che dalle emissioni delle auto “vecchie”, dall’attrito delle ruote e dei freni. Con l’auto elettrica poco cambierebbe.
La congestione. E’, insieme all’inquinamento, ciò che rende le città invivibili: per i bambini, ma non solo per loro. Ed è ciò che in gran parte ha distrutto l’incontro casuale per strada e la socialità; riducendoci ad affidarla al cellulare.
La competizione per la potenza dei motori, la velocità e il parcheggio modella e mima quella che il sistema impone a tutti nella vita quotidiana, nel lavoro, nelle relazioni sociali come in quelle internazionali: la guerra.
Il consumo si suolo: per far posto alle auto: sia in città, promuovendone lo sprawl, che in campagna, in montagna e ovunque, massacrando il paesaggio.
L’aver affrontato e continuare ad affrontare il dibattito sull’auto elettrica solo in termini tecnici, energetici, economici e, al massimo, occupazionali, senza tener conto delle sue implicazioni sociali, culturali ed esistenziali – quelle che potrebbero coinvolgere tutta la popolazione nella comprensione, accettazione e promozione della conversione ecologica – ha dato ai suoi nemici un’arma formidabile per contrastarla. Solo un grande dibattito pubblico, che avrebbe dovuto precedere e accompagnare il Green Deal e il suo sviluppo, può ancora rendere “desiderabile”, come avvertiva Alex Langer, la conversione ecologica. Anche per l’automotive le alternative ci sono: una mobilità fondata su un servizio pubblico che combini trasporto di linea e mobilità flessibile personalizzata, da un lato; e la riconversione della produzione di auto, dei servizi e delle infrastrutture connesse in impianti per le rinnovabili. Ma occorre parlarne, progettarle, sperimentarle. Come cerca di fare, volutamente ignorato, il collettivo ex Gkn.
I governi di quasi tutto il mondo (quelli grandi e importanti come quelli piccoli e insignificanti, compreso chi governa una grande o piccola banda armata) marciano come sonnambuli verso una guerra mondiale sempre meno “a pezzi”; sempre più prossima a una conflagrazione generale. Irresponsabili e criminali.
Ma marciano anche, doppiamente irresponsabili e doppiamente criminali, verso una catastrofe climatica e ambientale irreversibile… …
“Prendiamoci la città” era il progetto di estendere e sviluppare la lotta operaia, che in quegli anni attraversava con forza tutte le principali fabbriche italiane, spesso paralizzandole, su tutti i territori di riferimento – quelli abitati dagli operai e dalle loro famiglie – e sulle loro “istituzioni” – condomini, quartieri, ritrovi, uffici pubblici e privati, tribunali, carceri, ospedali, caserme, scuole …
Resa è il contrario di vittoria: due poli opposti, esclusivi ed escludenti, di un’unica entità che si chiama guerra. All’interno di questa entità – la guerra – non esistono posizioni intermedie: o l’una o l’altra. L’una per gli uni e l’altra per gli altri; e finché non si arriva a questi poli estremi la guerra continua.
Finché l’alternativa è tra resa …
Erano 97.372 – in rappresentanza di 198 nazioni – i “delegati” ufficialmente registrati per partecipare, a Dubai, alla ventottesima COP (Conferenza delle Parti, in attuazione della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici – UNFCCC – varata a Rio de Janeiro nel 1992): tanti quanti gli abitanti di una media città italiana. E tutti arrivati e ripartiti in aereo …
L’orizzonte teorico e pratico entro il quale collocare sia le analisi e le prospettive della nostra epoca che il nostro agire è dato dalla crisi climatica e ambientale. Non la si può eludere né mettere in secondo piano, pena il ritrovarsi a dover fare i conti con contesti che non si padroneggiano più e in cui nemmeno ci si riconosce. …
Secondo Massimo Cacciari e altri e altre che la pensano come lui, il patriarcato è solo la proiezione sociale della famiglia patriarcale: una famiglia allargata, in cui sono presenti almeno tre generazioni, dove il capofamiglia – “il patriarca” – dispone le cose che ciascun membro della famiglia deve eseguire; con un potere delegato alla donna più anziana che organizza in …
E’ del tutto evidente che il moltiplicarsi dei femminicidi in Italia è un effetto non del patriarcato in quanto tale, ma del suo indebolimento, del venir meno delle condizioni che lo rendevano “normale”. Questo in tutto l’Occidente e anche in tutte quelle regioni, come l’Iran, arbitrariamente annesse a “un’Europa fuori dall’Europa”, senza tener conto di quanto le recenti guerre promosse o …
Non è vero che Israele è l’unica democrazia del Medio Oriente. Lo è solo nel suo ordinamento giuridico, che prevede un Parlamento elettivo e un governo eletto dal Parlamento. Ma di fatto è una repubblica razzista (“Stato ebraico”, cioè degli ebrei), militarista (armato fino ai denti, compresa l’atomica; anche se protetto dalle eventuali atomiche altrui, che ucciderebbero, insieme ai bersagli …
Secondo un affidabile sondaggio dell’Arab Barometer for Foreign Affairs realizzato il giorno prima dell’atroce e oscena strage perpetrata da Hamas il 7 ottobre, quasi tre quarti dei palestinesi erano favorevoli a un accordo con Israele – dunque, in qualche modo, a riconoscerne in qualche forma l’esistenza – e, se fossero stati chiamati al voto, circa un terzo avrebbe votato forze …
A otto anni dalla pubblicazione dell’enciclica Laudato sì, dove i cambiamenti climatici erano trattati come uno dei “gemiti della Terra” – la nostra casa comune – sotto l’effetto dell’incuria degli uomini, nella giornata dedicata al santo da cui ha preso il nome, papa Francesco torna sull’argomento con una “Esortazione apostolica” che aggiorna e integra l’enciclica del 2015. Il testo di …