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Emergenza rifiuti in Campania (da “Venerdì” di Repubblica 2010)

Inserito da on Ottobre 9, 2011 – 8:57 amNo Comment

Nella gestione dell’emergenza rifiuti in Campania Bertolaso ha messo a punto gli ingredienti che avrebbero caratterizzato la successiva gestione delle emergenze da parte della “cricca. Questi ingredienti sono il sequestro della popolazione “assistita”, la militarizzazione del territorio, la concentrazione del potere e dei fondi nelle mani di una struttura che non risponde a nessuno, la deroga alle leggi vigenti e, soprattutto, la spettacolarizzazione, vantando, con l’aiuto dei media, risultati tanto strabilianti quato fittizi.
Bertolaso era già stato commissario straordinario per la gestione dei rifiuti campani nel 2006: dopo Bassolino, Losco, Rastrelli (Presidenti della Regione) e prima di Pansa e De Gennaro (Prefetti): tutte persone che rispondevano del loro operato non al Consiglio regionale, ma direttamente al governo: in particolare, sia Bassolino che Bertolaso e Pansa, a Berlusconi: vero responsabile, con i suoi predecessori, del disastro campano. Incapace di trovare soluzioni diverse dall’accumulo dei rifiuti in discariche ricavate in aree protette, Bertolaso a suo tempo se l’era squagliata dimettendosi; ma lasciando però alle spalle un’indagine della Procura di Napoli che, all’indomani della sua ricomparsa come “Sottosegretario di Stato all’emergenza rifiuti” nel 2008, lo stava portando diritto in galera. Come era successo peraltro alla sua collaboratrice Marta Di Gennaro, arrestata insieme a una dozzina di altri responsabili del disastro campano. Alla base di quell’incriminazione, anche alcune di intercettazioni (quelle che Berlusconi ora vuole proibire), da cui emergeva che i vertici della Protezione civile erano perfettamente consapevoli di violare la legge e di non fare quello che invece sbandieravano (la Di Gennaro, parlando con i suoi collaboratori, chiamava “merdaccia” il rifiuti che in pubblico spacciava come “organico stabilizzato” per sistemarlo in discariche che non potevano accoglierlo. E perseguitava, manovrando per rimuoverlo, un carabiniere onesto che si adoperava in tutti i modi per documentare quello scempio). Ma all’ultimo momento Bertolaso aveva evitato l’arresto grazie a un decreto ad personam con cui Berlusconi lo sottraeva al giudice naturale, facendo poi approdare il procedimento nel “porto delle nebbie” della Procura romana, dove ora si cerca di dirottare anche i procedimenti che lo hanno incriminato per le malefatte della ”cricca”. Dal carcere Marta De Gennaro protestava: “Quello che ho fatto io lo ha fatto anche lui; e io l’ho fatto per lui. Perché io sono dentro e lui fuori?” Già, perché?
Quando Berlusconi è arrivato al governo, il grosso del “lavoro sporco” era stato già fatto. Prodi aveva nominato commissario il prefetto De Gennaro (uno che i galloni se li era conquistati al G8 di Genova) perché, in mancanza di altre idee, si pensava che per gestire i rifiuti campani bisognasse “menar le mani”. De Gennaro non lo aveva fatto; era riuscito ad aprire due discariche illegali (Santarcangelo e Savignano) e, utilizzando l’esercito, a riempire di rifiuti mai più rimossi decine di impianti e di edifici dismessi, ribattezzandoli all’uopo “depositi temporanei”. All’arrivo di Bertolaso in qualità di Sottosegretario, quasi 300mila tonnellate di rifiuti erano ormai state già tolte dalle strade. Ne restavano meno di 15mila. L’esercito avrebbe completato l’opera in poche settimane e Bertolaso e Berlusconi se ne sarebbero attribuiti il merito cominciando a riempire le discariche belle e pronte di De Gennaro. Per completare l’opera il decreto Berlusconi, oltre a salvare Bertolaso dal carcere, disponeva, nel giro di due anni, l’apertura di 11 nuove discariche e di 3 nuovi inceneritori, poi diventati 4 (oltre a quello, mai finito, di Acerra). Poi lo smantellamento dei sette impianti di trattamento meccanico biologico dei rifiuti (un gioiello tecnologico, se mai qualcuno avesse voluto farli funzionare, in grado da soli di trasformare in materiali recuperabili tutti i rifiuti urbani prodotti dalla Campania). Più, dulcis in fundo, una raccolta differenziata da portare al 50 per cento entro il 2010. Troppa grazia. Sono tutte misure tra loro incompatibili: o si brucia tutto; e anche per questo 5 inceneritori sono troppi. O si fa una buona raccolta differenziata, come a Salerno, passata dal 15 all’80 per cento in meno di un anno (e allora da bruciare non resta più niente). O si butta tutto in discarica; magari nelle aree protette, se te lo lasciano fare. O si trattano i rifiuti per ricavarne materiali riutilizzabili come si fa in Germania con i rifiuti spediti dalla Campania (e per questo quei sette impianti campani bastavano e avanzavano). Ma tutte insieme queste cose non si possono fare. E infatti non si è fatto niente.
Che cosa c’è oggi in Campania, dopo il passaggio di Attila? Dei cinque inceneritori promessi ce n’è solo uno, che c’era già, e che funziona poco e male (tanto che le sue emissioni sono rimaste un segreto di stato). Delle 11 discariche ne è stata aperta una sola (Chiaiano), insediata accanto a un ospedale, tra l’abitato e stupendi frutteti di ciliegie. Come tutti gli altri impianti, è presidiata dall’esercito (che non ha mai smobilitato, come ha fatto invece la Protezione civile). Ed è quasi piena. La seconda delle discariche previste, in mezzo al Parco del Vesuvio, è stata bloccata. Quelle aperte da De Gennaro, ormai quasi piene, stanno franando. Delle altre non si parla neanche più. La raccolta differenziata si fa, a volte anche bene, dove i Comuni si sono sottratta al giogo delle strutture commissariali. Altrove, come a Napoli, si sta tornando addirittura indietro. Gli impianti di trattamento meccanico biologico non sono stati chiusi, ma trasformati in frullini per tritare i rifiuti da inviare ad Acerra, o da trasformare in ecoballe da aggiungere ai 10 milioni di tonnellate già accumulate nelle piramidi di rifiuti che costellano la regione. Di che cosa farne nessuno si occupa più. Il problema maggiore della Campania, che è quello dei rifiuti tossici sepolti nei campi e nelle rogge, non è neanche stato affrontato. Sversamenti e incendi continuano indisturbati persino accanto agli impianti (“siti strategici di interesse nazionale”) sorvegliati dall’esercito; che non sta lì per difendere il territorio dagli scempi della camorra, ma per difendere Bertolaso delle indagini della magistratura, dall’ira della popolazione, dalla corretta informazione dei media. I quali, peraltro, sia quelli di maggioranza che di opposizione, hanno dato credito per ben due anni al “miracolo campano” di Berlusconi. Adesso, in attesa che i rifiuti, senza più un sito dove nasconderli, tornino ad ammorbare le strade della Campania, il “miracolo” si è trasferito a Palermo: un altro buon esempio di come Berlusconi e i suoi adepti risolvono i problemi.

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