Il fallimento della “ditta” Berlusconi-Bertolaso nella gestione dei rifiuti in Campania (9 ottobre 2010)
Le mamme vulcaniche hanno vinto. Berlusconi, Bertolaso e la loro corte dei miracoli hanno perso. Ha vinto la lotta dura. Cortei e manifestazioni a ripetizione non avevano ottenuto niente; quando sono bruciati i compattatori, Terzigno è balzata al centro dell’attenzione. Un brutto precedente per il Governo; una indicazione ineludibile per chi ha delle rivendicazioni da portare avanti: sperando che poliziotti, autisti e addetti ai servizi non si prestino più a fare da capri espiatori per colpe altrui.
Ora, oltre alla discarica Cava Vitiello, non si farà neppure quella di Serre: due siti su cui il governo Berlusconi si era impegnato addirittura con una legge (unico caso al mondo in cui i siti delle discariche vengono nominativamente indicati per legge). Per questo bisognerà tornare in Parlamento, abrogare la L. 213 (recepimento del DL. 90), o una parte di essa, e farne una nuova. Speriamo che questa volta la cosiddetta opposizione non dia carta bianca al governo come ha fatto nel 2008.
Ma dove porterà Berlusconi i rifiuti che non deve più sversare a Terzigno e a Serre? Poiché le discariche di Ariano Iripino e Savignano (aperte illegalmente da De Gennaro con Prodi), quella Chiaiano (aperta illegalmente da Bertolaso) e quella di Ferrandelle (già esistente, ma inutilizzata all’epoca dell’emergenza del 2008: ciò serviva ad acutizzare la tensione per far vincere Berlusconi; infatti è in terra di camorra) sono quasi piene, bisognerebbe aprire quella del Piano del Formicoso (prevista anch’essa dalla L. 213), ancora da costruire, ma molto capiente; contro cui a suo tempo c’è già stata una mobilitazione popolare, con i sindaci e Vinicio Capossela, tanto da costringere Berlusconi a promettere (come ha cercato di fare anche a Terzigno): “Resta nella lista, ma sarà l’ultima!” Adesso torna a essere la prima.
Perché, al di fuori delle discariche, in venti mesi di poteri straordinari Bertolaso non ha fatto niente; e quello che aveva programmato è demenziale. Che cosa prescrive la L. 213/08? Politiche di riduzione: zero. Raccolta differenziata: al 50 per cento entro il 2010 (il tempo sta per scadere!). Ma chi doveva farla? I Comuni. Con che cosa? Con fondi del commissario che non sono mai arrivati (tranne ad alcuni Comuni, che li hanno spesi bene: vedi Salerno, passato dal 7 al 70 per cento in un anno). Ma poi, una volta che il Commissario avesse levato le tende, la palla passava alle Province, che in base alla legge regionale 40 e successive modifiche (in vigore dal marzo 2008) avrebbero dovuto gestire tutto il ciclo dei rifiuti, compreso il rilevamento del personale dei consorzi, addetti – dal 1998 – alla raccolta differenziata. In venti mesi un commissario avrebbe dovuto mettere le Province in grado di farla, la raccolta differenziata: fondi, organizzazione, impianti funzionanti, personale selezionato in modo da assegnare alla gestione dei rifiuti solo quello adatto per condizioni psicofisiche ed età, destinando ad altre attività – da concordare con la Regione – gli esuberi. Invece, niente. Bertolaso se ne è andato – per poi ritornare, insieme alla sua felpa dai bordini tricolore, quattro giorni fa – lasciando dietro di sé il deserto. In compenso Maroni ha commissariato uno dei pochi (in realtà, molti) sindaci che la raccolta differenziata la facevano sul serio, perché si è rifiutato di trasferire le sue competenze a un consorzio assolutamente inefficiente.
Andiamo avanti: trattamento dei rifiuti raccolti. La legge 213 non prevede alcun impianto di compostaggio pubblico: di quelli che già c’erano, uno, quasi pronto (S. Tammaro), era stato usato dal precedente commissario come “deposito temporaneo di rifiuti” e riempito di ecoballe che sono tutt’ora lì; gli altri due non erano mai stati collaudati e ancora oggi non sono in funzione (i comuni virtuosi che fanno la raccolta differenziata dell’organico pagano 200 euro a tonnellata per spedire la frazione in Veneto o in Sicilia). La legge poi prevede la chiusura dei sette impianti ex CDR che dovrebbero dividere la frazione indifferenziata residua (cioè al massimo il 50 per cento, secondo la legge) in secco e umido, stabilizzare quest’ultimo per portarlo in discarica senza produrre odori e infestazioni di ratti, insetti e gabbiani; e avviare a “termovalolorizzazione” (leggi incenerimento) il resto: non più, quindi, di metà della metà dei rifiuti prodotti ogni giorno in Campania (che sono 7.500 tonnellate circa). Per legge, gli ex CDR (praticamente nuovi e costruiti con fondi dell’UE) avrebbero dovuto essere venduti come rottame, oppure trasformati in impianti di compostaggio, se un privato, dopo averli liberati dai rifiuti organici non trattati accumulati per anni sulle linee di stabilizzazione (nei cui miasmi erano costretti a lavorare gli addetti), se ne fosse assunto il rischio. Quindi?
Quindi l’intera produzione di rifiuti era destinata all’incenerimento senza alcuna selezione o pretrattamento. Per questo la legge 123 prevedeva la costruzione in Campania di ben quattro inceneritori (poi diventati cinque, quando Berlusconi si è reso conto che in un inceneritore “normale” le ecoballe non avrebbero mai potuto venir bruciate): con una capacità di incenerimento superiore a tutta la produzione di rifiuti della regione. L’incenerimento sarebbe stato finanziato dagli incentivi CIP6: quegli incentivi, già prorogati in violazione della normativa europea per l’inceneritore di Acerra (e per questo Impregilo, l’impresa costruttrice, aveva dato le sue ecoballe in pegno, come se fossero barili di petrolio, alle banche; che adesso si aspettano il guadagno promesso); gli stessi incentivi che il Pd aveva poi proposto di estendere a tutti gli impianti campani (proposta subito accolta da Berlusconi).
Ma poiché gli inceneritori erano – e sono – ancora da costruire e quello di Acerra non era – e non è ancora – a norma, nel frattempo i rifiuti dovevano per forza andare in discarica; ovviamente indifferenziati, dato che gli impianti di trattamento dovevano essere chiusi. Quando si è finalmente accorto che il ferrovecchio di Acerra non avrebbe mai potuto smaltire i rifiuti giornalieri e i milioni di eco balle che gli erano destinati, Bertolaso, cambiando rotta senza cambiare la legge, ha ribattezzato “Stir” i Cdr, trasformandoli in tritattutto per sminuzzare – senza separazione – i rifiuti indifferenziati prima di mandarli in discarica o ad Acerra: “Merdaccia” chiamava questo materiale Marta Di Gennaro, la collaboratrice di Bertolaso, che li spacciava per rifiuti “stabilizzati” e che per questo era stata prima arrestata e poi salvata dalla Procura di Roma. E’ proprio il materiale contro cui sono insorti gli abitanti del Parco del Vesuvio.
Allora, siccome tutto sarebbe finito in discariche, la L. 213 ne prevedeva ben 11 (poi diventate 12), di cui: quattro in aree protette (cosa vietata da una precedente legge mai abrogata); due già costruite da De Gennaro, in aree geologicamente a rischio (infatti stanno franando) e uno in area di camorra (famiglia Schiavone), dove avrebbe dovuto sorgere anche il quarto inceneritore. E poiché i rifiuti indifferenziati generano percolato (non “pergolato” come ha detto Berlusconi, che lo ha confuso con il compost), e la camorra ci infila dentro tutte le schifezze che vuole, la legge 213 prevede anche che il percolato possa essere trattato in impianti di depurazione degli scarichi civili (cosa vietata e pericolosissima) e che discariche e inceneritori potessero accogliere anche rifiuti tossici industriali: cosa che è effettivamente avvenuta. Insomma, la gestione Berlusconi-Bertolaso dell’emergenza rifiuti ha moltiplicato il disastro campano, lasciando poi la patata bollente nelle mani delle Province, ormai governate in gran parte dai satrapi del “premier”. E adesso, poveruomo, dove li metterà i rifiuti, per perpetuare il suo “miracolo”?
Poveri campani; altro che poveruomo! Adesso, in attesa degli inceneritori – che, parola di Berlusconi, verranno costruiti in 18 mesi, anche se non sono stati nemmeno progettati in 30 – i rifiuti non trattati e puzzolenti verranno sparpagliati in tutte le discariche esaurite – ma in cui si può sempre cercare di stipare qualcosa in più – o illegali (leggi Camorra); a partire da quella di Giugliano, adiacente al più grande deposito di ecoballe di tutta la Galassia. E Bertolaso, che è riuscito a farsi organizzare da Santoro un Anno Zero senza contraddittorio, Bertolaso riprenderà a devastare la Campania; come ha fatto alla Maddalena, all’Aquila, a Giampillieri e in mille altri posti. Fino a che altre mamme vulcaniche, o di pianura, non lo fermeranno: una volta per tutte.
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