Il riuso sta avendo una diffusione crescente
Il riuso sta avendo una diffusione crescente. Per tre motivi. Il primo è economico: la crisi ha inciso e inciderà sempre più sulle nostre tasche; non abbiamo più (la maggioranza di noi non avrà più) il denaro per sostituire il nuovo con il vecchio ogni volta che cambia la moda, che cambiano i modelli di un apparecchio, che qualcosa si guasta e non funziona più. Il secondo è che l’Unione Europea, con la direttiva 98/08, ha introdotto il riuso (o, meglio, la preparazione per il riuso: cioè tutte le operazioni che permettono di mantenere in vita un bene sottraendolo al flusso dei rifiuti) tra le priorità relative alla gestione dei rifiuti; il terzo – forse il più importante – è la rivitalizzazione di un bacino occupazionale e di molte figure professionali connesse al riuso: la manutenzione e la riparazione dei beni durevoli e le figure professionali dell’artigiano/a riparatore o riparatrice. Spesso siamo costretti a disfarci di un bene perché non funziona più (elettrodomestici o elettronica di consumo) o avrebbe bisogno di qualche modifica (abbigliamento); ma per anni è stato impossibile trovare qualcuno in grado di metterci le mani a costi accettabili. E quanti beni finiscono tra i rifiuti mentre molti, e magari anche noi, saremmo disposti a riusarli se fossimo sicuri del loro funzionamento?
Per ovviare a questi inconvenienti ci vogliono tre condizioni: occorre istituire nelle stazioni ecologiche degli spazi dove effettuare la cernita (la legge ora lo consente) di tutto ciò che può essere in vario modo recuperato; poi ci vogliono tecnici competenti, centri di formazione e laboratori attrezzati dove riparare o modificare ciò che può essere recuperato e dove insegnare a farlo a chi vuole imparare; infine occorre una rete di venditori in grado di valutare i beni recuperati e di rimetterli in vendita come merce di seconda mano. Queste tre condizioni si sono fortunosamente ritrovate tutte nello spazio occupato dell’ex RSI (officina di riparazione dei vagoni-letto), ora Officine Zero di Roma: ci sono grandi spazi per lo stoccaggio dei beni, cinque laboratori perfettamente attrezzati (sartoria/tappezzeria, falegnameria, idraulica, elettrotecnica, meccanica); trenta lavoratori con competenze in tutti questi campi che hanno occupato la fabbrica, pronti a intraprendere questa nuova strada e a trasmettere ad altri le loro competenze; una rete commerciale già attiva, costituita dall’associazione dei commercianti di Porta Portese. Più il sostegno delle associazioni del quartiere e spazi e attrezzature per sostenere l’occupazione con molte altre attività: co-working, camera del lavoro precario, studentato, mensa, asilo nido, proiezioni e attività culturali di ogni genere. Alle Officine Zero tanti auguri.