In risposta a una domanda spiritosa di Rossana Rossanda (28 ottobre 2010)
“Perché – chiede Rossana Rossanda sul manifesto di venerdì scorso – Guido Viale non propone di chiudere la Fiat?”
Perché la Fiat, quella di Termini Imerese, l’ha già chiusa Marchionne; e quella di Pomigliano la chiuderà presto, se gli operai, senza diritti, senza pause e senza giornate libere da passare in famiglia, non gli produrranno 240mila veicoli all’anno invece dei poco più di mille attuali (cosa altamente probabile); o anche se non riuscirà a venderli tutti (cosa ancora più probabile).
E se non chiuderà anche Mirafiori, certamente la ridimensionerà ancora, dopo averle tolto, per portarla in Serbia, la sua quota del fantomatico piano “Fabbrica Italia”, che nessuno, lui compreso, sa più che cosa sia. Io invece propongo che quegli stabilimenti vengano tenuti aperti e magari potenziati, destinandoli a produzioni non solo meno nocive per l’ambiente e la vivibilità (e quindi non auto di lusso, più grandi, più belle, e “a maggiore valore aggiunto”, come propone chi vorrebbe insegnare il mestiere a Marchionne); bensì a produzioni che nei prossimi anni dovranno necessariamente sostituire i sistemi energetici attuali.
E perché, continua Rossanda, Guido Viale non chiede “ai metalmeccanici di trovarsi, in nome del vero progresso, un imprenditore ecologo?”
Perché gli imprenditori ecologi, anche se esistono, non bastano; bisogna metterli in condizioni di operare senza dover soggiacere ai diktat della “competitività”; altrimenti, ciao ecologia e ciao rispetto dei lavoratori. Non penso comunque che si debba lasciare ai soli metalmeccanici, o ai soli operai di ogni stabilimento della Fiat, il compito di trovare una soluzione alle loro crisi aziendali; questo dovrebbe essere l’obiettivo di tutte le forze impegnate a salvare occupazione, reddito e diritti; per lo meno nei territori (quasi tutti) colpiti da crisi aziendali. E se gli imprenditori ecologi non bastano, dobbiamo lavorare perché ci siano imprese che operino nell’ambito di piani costruiti sulle esigenze del territorio: per esempio con progetti che invece di incentivare impianti di generazione da fonti rinnovabili regalando miliardi a mafia, “cricca”, petrolieri interisti e multinazionali e massacrando il paesaggio, mirino a dotare di impianti, destinati innanzitutto a soddisfare il loro fabbisogno, e poi a integrarsi tra loro, ogni casa o edificio con un tetto insolato o esposto al vento. Ma soprattutto progetti che vincolino gli incentivi all’acquisto di prodotti fabbricati negli stabilimenti riconvertiti. Certamente un programma del genere vìola i dogmi del liberismo; ma forse che la mafia, la “cricca”, i Moratti o l’Enel quei principi non li vìolano? E perché loro sì e noi no?
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