La mia risposta a Carlo Formenti
C’è ovviamente una vena di disprezzo per gli “intellettuali” – da contrapporre alla “rude razza pagana” o alle “mani callose” degli operai – nell’appellativo “partito dei professori” che Carlo Formenti, in una “Lettera aperta ai compagni della sinistra radicale sulle elezioni europee”, pubblicata da alfabeta, affibbia alla lista “L’altra Europa per Tsipras”. La cosa curiosa è che tra i sette garanti della lista solo due sono professori; gli altri no. Lo è invece l’autore di quell’articolo. E’ un approccio al problema del lavoro intellettuale ancora diffuso negli ambiti più tradizionalisti di una sinistra ormai defunta, che può anche essere la manifestazione di una sana diffidenza. Ma quando è alimentato dall’alto mi ricorda l’intervento di un operaio (senza mani callose) che nel corso di una recente assemblea aveva così esordito: “Gli intellettuali, scusate la parola, ecc…”. Conosco Carlo Formenti soprattutto attraverso i libri (scusate la parola…) che ha scritto; ma stavolta questo professore in incognito ha fatto cilecca. Non sa niente e crede di sapere tutto. Non sa niente perché nella fase della sua costituzione, della lista “L’altra Europa” non si può sapere quasi niente, se non parlando, ma Formenti non lo fa, del contesto in cui è nata o della domanda sociale, politica e culturale a cui cerca di dare risposta. Una risposta in gran parte da definire attraverso il concorso dei movimenti a cui la lista fa appello, mettendo a frutto la loro esperienza, le loro buone pratiche e anche, ovviamente, il contributo degli i “intellettuali” che hanno dato la loro adesione.
Invece Formenti sembra già sapere che in quella lista, o verso quella lista, convergono Vendola, che ha appena affrontato – e perso – un congresso in cui proponeva esattamente il contrario, Civati e i cinque stelle dissidenti, che per ora stanno facendo tutt’altre operazioni, Toni Negri che ha detto che appoggia Tsipras ma le lezioni non gli interessano, Bifo che gli ha inviato un assist alla propria candidatura “di puro marchio democristiano”, Casarini (ma l’ha imbroccata per puro caso), ecc. E sbaglia persino sostenendo che Paolo Flores e Barbara Spinelli (che scrive su la Repubblica) fanno capo al Fatto Quotidiano. Ma le critiche sostanziali di Formenti riguardano due questioni: l’idea di cercare una “terza via” tra mercatismo ed euroscetticismo; e le modalità di scelta dei candidati. A Formenti non piace l’espressione “terza via” che gli ricorda Blair; ma è una questione nominalistica, perché la terza via di Blair e dei suoi epigoni rientra a pieno titolo nel mercatismo – o liberismo – mentre la strada proposta da Tsipras e dalla lista “L’altra Europa” respinge tanto il liberismo imperante nella governance europea, e non solo, quanto l’idea di salvarsi attraverso un recupero delle sovranità nazionali in campo monetario, fiscale, tariffario, ecc. Formenti non dice se condivide o no questa “seconda via” (ben riassunta nella proposta di “uscire dall’euro”) e liquida la questione affermando che “questa Europa può solo essere distrutta per costruirne dal basso un’altra sulle sue ceneri”. Non si capisce però se per distruzione e ricostruzione “sulle ceneri” Formenti intende che dobbiamo passare anche noi per un disastro come quello della Grecia (“ceneri”); oppure sciogliere il vincolo europeo per tornare alle sovranità nazionali (“quest’Europa può solo essere distrutta”); però sa già che “i professori” di queste cose non vogliono parlare. E perché? Di che altro si dovrebbe parlare in questa campagna elettorale per definire un percorso che eviti sia il mercatismo imperante che l’euroscetticismo (e il fascismo) in ascesa?
In realtà, mettendo insieme l’appello dei “professori”, cioè dei promotori della lista e la dichiarazione programmatica di Tsipras, che i promotori (ora garanti) hanno condiviso, abbiamo un programma politico quasi completo, certamente da articolare, integrare, approfondire e correggere, con cui però Formenti non si confronta. In quelle dichiarazioni si parte proprio dal presupposto che oggi “gli Stati [europei] da soli non sono in grado di esercitare sovranità” e che per questo solo l’Europa può e deve cambiare fondamentalmente. Deve darsi una nuova Costituzione, i mezzi finanziari per creare lavoro, con una politica ambientale adeguata alle dimensioni della crisi planetaria, con una riconversione del sistema produttivo dove si indicano anche i settori di più urgente intervento; deve respingere il fiscal compact, mettere al centro il superamento delle diseguaglianze e lo stato di diritto, promuovere la ricerca, l’istruzione e la cultura, affrontare mafia e criminalità organizzata e invertire rotta nelle politiche adottate contro i migranti. Nella sua Dichiarazione programmatica, a sua volta, Tsipras precisa tre principi che impegneranno i parlamentari eletti nelle liste che lo appoggiano per offrire un punto di riferimento concreto alle lotte sociali sempre più intense contro le politiche liberiste adottate dall’UE.
I tre principi riguardano la fine dell’austerità, attraverso misure che includono anche la rinegoziazione del debito e la messa in mora del suo rimborso; la trasformazione ecologica della produzione e una politica di inclusione, diretta innanzitutto ai migranti e ai diritti civili dei cittadini. Il tutto articolato in ben dieci punti che nel loro insieme costituiscono una ricostituzione dalle radici dell’Unione europea. Forse proprio quella che anche Formenti auspica, anche se, al di là del suo furore distruttivo, non ci dice che Europa vorrebbe e nemmeno se anche per lui è l’Europa il terreno fondamentale dove si decidono gli esiti di un conflitto che ancora non si è dispiegato pienamente, ma di cui si moltiplicano i focolai e che il nostro progetto cerca di consolidare in un fronte unitario. Quanto alla scelta dei candidati, sfiderei Formenti, che per sua fortuna non ha dovuto confrontarsi con un problema del genere, a trovare un sistema più democratico di quello adottato per formare la lista L’altra Europa con Tsipras. Associazioni, comitati e organizzazioni varie, compresi i partiti che sostengono la lista, hanno presentato le loro proposte, dopo averle discusse al loro interno, a un comitato allargato a cui tutti gli interessati hanno potuto partecipare.
Questo comitato le ha sottoposto quelle proposte a uno screening per ricomporle secondo criteri di buon senso. In cui ha certamente un posto di riguardo la “visibilità” dei candidati: per far parlare di una lista e di un programma su cui è calato il più assoluto silenzio di stampa e media. Ma ii criteri sostanziali sono il rispetto di un equilibrio tra generi, di età, provenienza territoriale e appartenenza a mondi politico-culturali differenti (la lista si propone esattamente questo). Una serie di criteri che non lascia molto spazio alla discrezionalità. D’altronde le elezioni europee consentono ben tre voti di preferenza, che possono ribaltare molte delle scelte compiute. Quanto ai “professori”, cioè ai garanti, non sono stati loro a formare le liste; il loro ruolo era quello di proporre al comitato alcune (poche) candidature di rilievo e di dirimere le questioni controverse. Formenti, ergendosi a paladino della selezione dei candidati in assemblea o tramite un voto on-line sembra aver dimenticato come si sono svolte e concluse le assemblee che hanno preceduto solo un anno fa il disastro di Rivoluzione Civile (le assemblee occupate per imporre i candidati di uno o dell’altro partito, che è quello che si voleva evitare), o come si svolgono i periodici voti on line del movimento cinque stelle, con cui, in questo caso, non si vuole avere niente da condividere. In una non-organizzazione come la lista L’altra Europa, nata praticamente dal nulla per supplire alle carenze o rimediare alle divisioni di chi per anni si è autonominato rappresentante della sinistra, riuscendo a lasciare milioni di cittadine e cittadini senza alcuna rappresentanza e consegnandoli all’astensione, al movimento cinque stelle o a un voto al PD dato controvoglia, non credo che si potesse trovare un modo di scegliere i candidati più condiviso o democratico di questo.