Ma la Grecia pagherà il suo debito, pubblicato su il manifesto il 3.2.2015
Ma la Grecia pagherà il suo debito?
Ed è vero che se non paga, a rimetterci saremo anche noi contribuenti italiani che abbiamo concorso al “salvataggio” della Grecia con 40 miliardi? No. È vero solo che lo Stato italiano, attraverso BCE e Fondo salva-stati, ha prestato alla Grecia 40 miliardi, aumentando di altrettanto il suo indebitamento. Ma quei soldi non ritorneranno mai indietro, sia che la Grecia si impegni a onorare il suo debito, sia che dichiari di non volerlo fare. Ovvero, sono iscritti nel bilancio dei due paesi come debiti e crediti che non verranno mai pagati né riscossi, ma che peseranno molto sulle loro politiche economiche.
In realtà, nessuno Stato ha mai restituito i propri debiti. Per lo più, sono stati “riassorbiti”: o con l’inflazione o con la crescita del PIL. Entrambe le cose riducono nel tempo il rapporto debito/PIL: perché il numeratore è espresso in valori costanti mentre il denominatore aumenta con l’inflazione, con la crescita, o con entrambe. Oppure sono stati ridotti, quei debiti, con condoni o default (insolvenze), più frequenti di quanto si dica. Ciononostante i governi dell’Unione europea si sono impegnati, con il Fiscal compact, in un’impresa impossibile: restituire i loro debiti fino a riportarli, in vent’anni, al 60 per cento dei rispettivi PIL.
Comunque sia la Grecia non ha e non avrà mai il denaro per ripagare quel prestito, nemmeno se riuscisse a crescere a ritmi cinesi. Cosa improbabile, dato che da quando la Trojka si è presa cura della sua economia il PIL della Grecia è evaporato, il suo debito è esploso, occupazione e produzione sono crollati. In realtà quei denari prestati dall’Italia, come da tutti gli altri Stati, attraverso il Fondo salva-stati, dalla BCE e dal FMI, il popolo greco non li ha mai visti. E non li ha visti nemmeno il Governo greco. Perché sono stati usati per “ridurre l’esposizione” delle banche, soprattutto tedesche e francesi, che avevano fatto dei prestiti alle banche greche sapendo benissimo che quel denaro sarebbe stato impegnato in progetti insostenibili: cioè non in grado di restituirlo. Ma erano too big too fail, troppo grandi per fallire; e confidavano evidentemente che qualcuno glielo avrebbe restituito comunque. Così i miliardi prestati alla Grecia per “salvarla” sono finiti nelle banche tedesche: uno degli Stati “cicala” ha salvato le banche dello Stato “formica” per eccellenza. Che adesso li ringrazia accusandoli di sperperare il denaro dei suoi contribuenti!
E’ la stessa operazione fatta con tutti gli altri Stati finiti sotto il controllo del FMI, come Portogallo e Irlanda, o sotto la “vigilanza” della BCE, come Spagna e Italia. Siamo accusati di aver vissuto “al di sopra delle nostre possibilità”, mentre sono anni che salari, pensioni e spesa pubblica vengono tagliate per pagare, a banche e speculatori, interessi sempre più esosi (per l’Italia quasi 100 miliardi all’anno! Dal 1981 ad oggi, circa 3.500 miliardi: quasi una volta e mezza il debito pubblico del paese). Perché nel 1981 c’è stato il “divorzio” tra Banca d’Italia e Governo (diventato poi separazione perpetua tra BCE e governi dell’eurozona). Che cos’è? Prima del 1981, quando il Governo italiano voleva finanziare una parte della propria spesa in deficit (cioè di spendere più di quello che incassava con le tasse) emetteva dei titoli di Stato (BOT e CCT), la Banca d’Italia li comprava e poi, se lo riteneva opportuno, li rivendeva a banche e risparmiatori; altrimenti li teneva e li pagava aprendo un conto corrente di pari importo a favore del Tesoro (quello che comunemente si chiama “stampare moneta”; o “moneta esogena”). Quel denaro, una volta entrato in circolazione attraverso le spese dello Stato, concorreva a sostenere la domanda globale, cioè gli sbocchi di mercato per le imprese e, attraverso di esse, l’occupazione; oppure, se le imprese italiane non erano in grado di soddisfarla con una maggiore produzione, la domanda aggiuntiva produceva un aumento dei prezzi (inflazione) o in un aumento delle importazioni (e, quindi, in un passivo nella bilancia commerciale, da riportare prima o dopo in equilibrio con una svalutazione). Quel sistema è stato soppresso con la motivazione che favoriva una spesa pubblica fuori controllo e che l’inflazione innescava una spirale prezzi-salari che avrebbe distrutto l’equilibrio economico delle imprese. Da allora il deficit dello Stato viene finanziato solo “sul mercato”, vendendo titoli di debito pubblico a risparmiatori, banche, assicurazioni e speculatori. Le conseguenze sono due: 1. gli interessi vengono fissati dal “mercato”, cioè dalla speculazione; sono molto più elevati e si accumulano nel tempo a un tasso composto. In dieci anni il debito pubblico dell’Italia è infatti passato dal 60 al 120 per cento del PIL. 2. quando il debito pubblico diventa troppo elevato l’intera politica degli Stati finisce in mano all’alta finanza e agli speculatori. Che, per garantire il pagamento regolare degli interessi e il rimborso dei titoli di Stato alla loro scadenza (cosa che avviene rinnovandoli: cioè ricomprandoli con il ricavato di nuove emissioni), impongono agli Stati dei tagli sempre più feroci alla spesa pubblica: cioè a pensioni, sanità, istruzione, pubblico impiego e investimenti. Ma la BCE non ha certo smesso di creare nuovo denaro. Lo sta per fare anche ora con il quantitative easing (1140 miliardi!); ma non per darli ai governi in difficoltà, bensì a banche e speculatori.
Dunque la Grecia non ha colpe? E l’Italia nemmeno? No, non ne ha la maggioranza della popolazione, che non ha tratto alcun vantaggio da questi meccanismi; ma se ne sono avvantaggiati, e molto, coloro, sempre più ricchi, che avevano soldi da investire in queste operazioni. Ma le responsabilità ci sono, eccome! Le stesse in Grecia e in Italia. Si chiamano corruzione, evasione fiscale, elusione (l’evasione fiscale “legale”: specialità di Junker quando era Presidente del Lussemburgo), interessi sul debito e spese inutili e dannose, come Grandi Opere, Grandi Eventi, armamenti. Olimpiadi e armi sono i due grandi capitoli di spesa, finanziati da banche tedesche e francesi, che hanno affondato il bilancio della Grecia. E sono spese che continuano a venir fatte anche in Italia. Mettendo insieme tutti i costi della corruzione, o quelli dell’evasione, o gli interessi sul debito, in soli venti anni abbiamo, per ciascuna di queste voci, una somma maggiore del debito pubblico del paese. Tutti insieme fanno una perdita, pagata da chi viene accusato di vivere “al di sopra delle proprie possibilità”, di tre-quattro volte tanto.
Eppure, dopo aver messo sotto accusa la Grecia per sperperare da cicala ciò che la formica Germania risparmia, le autorità europee e il FMI hanno affidato il risanamento del paese, e volevano continuare ad affidarlo, alla stessa maggioranza responsabile di quelle malversazioni. La situazione in Italia non è diversa: al posto di Pasok e Nuova Democrazia abbiamo PD e Forza Italia; e al posto di Papandreu e Samaràs abbiamo Renzi e Berlusconi. È ora che anche da noi arrivi una Syriza italiana!